Dimenticate tutto.
Dimenticate l’artista maledetto, il genio allucinato, che getta colore sulla tela in preda ai fumi dell’assenzio o di chissà quale tormento interiore.
Cancellate l’immagine del creativo ribelle che deve per forza scandalizzare per esistere.
Una volta che avrete azzerato questi stereotipi duri a morire, potrete guardate Marcos Antonio Gutiérrez. E ascoltarlo.
Noterete una calma che quasi stona con il mondo isterico di oggi.
Noterete un pensiero articolato, una pacatezza che non appartiene all’urgenza frenetica di chi vuole apparire a tutti i costi, di chi consuma immagini sui social a ogni ora.
Gutiérrez parla di arte, certo, ma lo fa con la lucidità di un analista e la genuinità di chi, semplicemente, non può farne a meno. E non lo fa come un ragazzo di oggi, con smartphone, jeans strappati, tatuaggi e ferraglia che penzola da collo e polsi, ma come un signore d’altri tempi, un uomo la cui eleganza non sta solo nel vestito, ma nel modo di porsi, negli atteggiamenti, ei comportamenti.
Poi, però, guardi le sue opere. E il cortocircuito è inevitabile.
MARCOS GUTIÉRREZ, L’ARTISTA CHE NON TI ASPETTI
Sì, certo, l’arte.
Quella è un’altra faccenda.
È un’esplosione di colore che ti assale, un caos calcolato che ti fruga dentro senza chiedere permesso, una tempesta emotiva che mette tutto in discussione. Un pugno nello stomaco avvolto nella seta.
Le tele di Marcos Gutiérrez sono arene dove il figurativo e l’astratto si scontrano e si fondono, dove la Pop Art astratta flirta con messaggi profondi, creando un linguaggio che è solo suo, un linguaggio che, a differenza del suo creatore, urla e comunica in maniera potente.
Ed è qui che emerge il contrasto tra l’uomo e la sua espressione, tra la quiete della sua persona e la tempesta del suo linguaggio espressivo.
LA RIVOLUZIONE SILENZIOSA DI MARCOS GUTIÉRREZ: UNA NUOVA COLLEZIONE
Mentre il mondo dell’arte corre, si affanna, si sgomita per un posto al sole in un’infinita fiera della vanità, Gutiérrez si defila, rallenta, di ferma.
L’artista ha deciso di chiudere le porte a inviti e comparsate varie per concentrarsi su un nuovo, ambizioso progetto. E un artista che oggi dice “no, grazie, sto lavorando a una cosa seria” è più rarità che notizia.
Ma Gutiérrez considera il suo lavoro più importante, “la collezione più bella che abbia mai creato”, dice al Dott. Pasquale Di Matteo, che lo intervista per il Canale Pensieri Armonici.
E quando un uomo così misurato usa termini così assoluti, c’è da drizzare le orecchie.
Perché chi si aspettava di vederlo in giro almeno il prossimo autunno dovrà accantonare le speranze. Gutiérrez non seguirà le mode del nostro tempo, perciò non svelerà il suo progetto un pezzo alla volta per nutrire gli algoritmi.
Dice che sarà una mostra, la sua migliore di sempre, una mostra che sta costruendo in silenzio, ma che ci mostrerà solo quando sarà pronta. Nel 2026.
Perciò, chi ha fretta, si accomodi pure altrove.
DIPINGERE CIÒ CHE TACE. MA COSA SIGNIFICA?
Non aspettatevi manifesti politici o slogan da corteo, dunque.
La rivoluzione di Gutiérrez è più subdola, più potente. E già l’isolamento e la lontananza dal clamore mediatico è di per sé una rivoluzione.
Nell’intervista emerge come Gutiérrez non dipinga paesaggi, e di certo non inizierà adesso, ma la sua arte sarà ancora legata alle emozioni “per dire ciò che non riesce a dire con le parole”.
Ma Marcos dice anche molto di più, qualcosa di forte e misterioso al tempo stesso, per cui vale la pena guardare il video di questa intervista.
In un panorama artistico affollato di replicanti e fenomeni da baraccone, Marcos Antonio Gutiérrez è un’anomalia, un contrasto tra la follia creativa del “bambino interiore” e la maturità di chi sa esattamente dove vuole arrivare.
E per arrivarci è disposto a fare la cosa più rivoluzionaria di tutte nella nostra società: prendersi il proprio tempo.
C’è da starne certi: il bello deve ancora venire.