L’URLO DI GUTIÉRREZ TRA POP E VULNERABILITÀ

Marcos Antonio Gutiérrez usa il colore come dinamite emozionale.

La sua nuova opera è una deflagrazione cromatica che fa a pezzi la comoda ipocrisia dell’arte decorativa.

Immaginate Caravaggio sotto LSD, con la furia di Basquiat e l’ironia amara di Warhol. Qui la tela diventa un corpo ferito e Gutiérrez è un chirurgo senza anestesia che cerca di fare il possibile per salvare il paziente.

La sua arte è un’esplosione del reale, ma, soprattutto, un’esplosione della banalità.

VISIONE ARTISTICA: LA REALTÀ COME CAMPO MINATO

Gutiérrez tratta la realtà come un gioco pericoloso. Un campo minato di contraddizioni.

Prendete quella donna al centro: occhi azzurri come stelle cadenti, volto verde smeraldo solcato da giallo e arancione. Una bellezza, per certi versi, tossica. Non è un ritratto, ma è una trappola semiotica.

Gli occhi sono abissi che inghiottono lo sguardo, mentre “LOVE” e “HELL” danzano in un tango macabro. L’artista ci ricorda che l’amore non è una cartolina, ma una vertigine che spesso spacca il cranio. E se vi aspettate solo paesaggi mozzafiato, rischiate di farvi male.

STILE E TECNICA: AUTODISTRUZIONE CREATIVA

La tecnica di Gutiérrez è un ossimoro in movimento.

Acrilici scagliati come proiettili, collage che si sbranano a vicenda, calligrafie che urlano invece di scrivere.

Guardate quel “POP” blu fluorescente. Non è una scritta, ma un fuoco d’artificio che esplode nella retina. Le linee sono cicatrici luminose.

Le macchie di colore sono residui di un’anima dissolta. Gutiérrez usa la tela come un ring, dove i rosa zuccheroso combattono i neri assoluti e il giallo acceca il verde malato.

È caos? Forse sì, ma è un caos che obbedisce alla logica spietata di mostrare la carne viva del reale, stracciando le maschere della superficie.

PECULIARITÀ STILISTICHE: ICONE TRADITE E SIMBOLI AMBIGUI

Gutiérrez gioca a tradire le icone come un bambino curioso.

Fiori stilizzati? Rosa e azzurri, sembrano strappati da un album della nonna. Ma qui profumano di plastica bruciata, e quella Minnie Mouse nell’angolo sorride, anche se è una risata da incubo, un relitto di innocenza capitalistica che fa da sfondo a un volto straziato.

Il verde del viso sembra un cortocircuito tra aspettativa e realtà, tra sogno e circostanze della vita, in un solo tono. Le pupille sono buchi neri emotivi. Divorano la luce e, forse, anche la vostra certezza che “l’arte sia bella”.

Perché l’arte non è mai bella. Può essere solo vera o falsa, ma bella mai, oggettivamente.

SEMIOTICA E MESSAGGI: L’AMORE È UN LABIRINTO, NON UN EMOJI

“SMILE NOT LOVE”. Leggetelo. Rileggetelo. Leggetelo ancora.

Gutiérrez sbeffeggia l’era digitale, dove i sentimenti si riducono a emoticon.

Quelle lacrime blu che scendono dagli occhi non sono tristezza, ma prove processuali di un vissuto. Testimonianze che l’amore, quando diventa ossessione, si auto-divora.

Le parole sulla tela (“FALLING IN LOVE”, “THIS IS THE HELL”) non sono mere decorazioni, ma accuse. Sono un manifesto contro la comunicazione da social, dove tutto è frammento e nulla è verità.

E no, non vi darà un lieto fine. Perché i labirinti veri, si sa, non hanno via d’uscita.

FILOSOFIA: DIPINGERE COME ATTO DI SOPRAVVIVENZA

La filosofia di Gutiérrez è semplice come un pugno nello stomaco: dolore e gioia sono gemelli siamesi.

La sua pittura non è estetica, ma una terapia d’urto.

Quando scrive “THIS IS THE HELL” accanto a un cuore rosa, non sta rinnegando l’amore, ma ci dice: “Ecco cosa resta quando finisce la festa”.

Per lui, l’arte è un esorcismo. Trasforma il caos interiore in bellezza disturbante.

Un atto di coraggio? Più che altro di disperazione. Vivere, ci ricorda, è immergersi nel fuoco e uscirne carbonizzati, ma vivi.

UN MANIFESTO PER CHI NON HA PAURA DELLA VERITÀ

Gutiérrez non decora salotti, perché non è un semplice pittore, ma un artista che sfonda porte psicologiche e parla a ciascuno di noi.

La sua opera è un grido in un mondo che vorrebbe solo sussurri. Attraverso un espressionismo contaminato dalla street art, rende tangibile l’indicibile con il suo linguaggio peculiare con cui ha inventato la Pop Art Astratta.

E ci spiega che siamo creature che sorridono sull’orlo dell’inferno. E forse, proprio in quel sorriso disperato, sta la nostra umanità.

Quest’opera di Marcos Antonio Gutiérrez è impegnativa da osservare ed è necessario avere fegato per fissarla con attenzione, perché si tratta di uno specchio che Gutiérrez vi punta contro per costringervi a guardare dentro di voi, senza tralasciare niente.

Fotografia che ritrae l'artista romano, Marcos Gutiérez in Sicilia
M. Gutiérrez in Sicilia

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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